Gli occhiali del consumatore di domani: oltre alla vista

Si susseguono con sempre maggior frequenza le notizie riguardanti gli ormai celebri (seppur non ancora commercializzati per il pubblico) Google Glass. Si tratta del nuovo device progettato e sviluppato a Mountain View che consente di avere una microcamera, un microfono ed un dispositivo Gps con accesso ad internet all’interno di un paio di “semplici” occhiali. Le applicazioni sono le più varie e riguardano in primo luogo aspetti specifici della vita comune, quali la possibilità di effettuare ricerche, fotografare, registrare dei video, accedere ad app dedicate per la lettura di notizie e altri informazioni rilevanti per il consumatore. Parallelamente, e a supporto della creazione dell’attesa del mercato, vi sono anche le esplorazioni di nuove frontiere: la visualizzazione di eventi con il punto di vista dei protagonisti, siano essi calciatori, ballerini, chirurghi, paracadutisti e così via, aprendo finestre finora inesplorate nella possibilità di documentazione ed analisi.
Tuttavia, in particolare grazie all’iniziativa delle Autorità Garanti sulla Privacy riunite nel Gpen (Global Privacy Enforcement Network), sono in corso delle indagini e delle richieste di chiarimento riguardo ai confini che questi strumenti possono varcare, minacciando la libertà delle persone che dovessero essere coinvolte a loro insaputa nel materiale raccolto dai sensori dei Google Glass. L’azienda, che ha sviluppato per proteggere il brevetto gli occhiali senza interloquire con le Agenzie delle Autorità, sta provvedendo a limitare in questo senso alcune possibilità: non vi sarà il riconoscimento dei volti e vengono escluse tutte le immagini a sfondo sessuale.
Tuttavia l’esperienza che i Google Glass potrebbero offrire al consumatore potrebbe essere davvero interessante se immaginata all’interno della consumer experience durante una sessione di shopping all’interno di un punto vendita della GDO. La consultazione della propria shopping list con l’aggiornamento della stessa mentre ogni singolo prodotto viene riposto nel carrello, la possibilità di accedere a informazioni dettagliate sul prodotto prescelto, il matching di prezzo, l’ottenimento di coupon di sconto, l’immagazzinamento di informazioni nutrizionali da confrontare con il proprio fabbisogno e la propria dieta, la composizione in tempo reale di ricette ed il consiglio per l’acquisto di ingredienti aggiuntivi non pianificati, sono solo alcune delle attività immaginabili.
A tutto questo si deve aggiungere anche la possibilità di “vendere” la propria esperienza di acquisto alle marche interessate a verificare il modo in cui gli acquisti sono stati condotti, sia dal punto di vista dei movimenti oculari compiuti dal consumatore, che dall’esposizione alle campagne condotte all’interno dei punti vendita, e non ultimo allo scambio di interazioni verbali e non verbali intercorse tra coloro che effettuano lo shopping per cogliere segnali ed indicazioni utili all’elaborazione di messaggi pubblicitari ancora più centrati e pertinenti. Si pensi ad esempio alla classica interazione minori-genitori nella scelta dei generi alimentari destinati a loro.
Gli scenari che presumibilmente si apriranno a cavallo della metà del 2014 sembrano aprire una stagione che potrebbe cambiare in modo decisivo i processi di acquisto nella GDO. Ma c’è anche chi, come il potente CEO di Apple Tim Cook, è scettico e si domanda: “si possono costringere le persone con una vista normale a indossare degli occhiali?”. A i posteri l’ardua sentenza.

Diego Martone ©

Pubblicato sul numero 65 di:

Beverage and Grocery

Reperibile tra le testate pubblicate su FoodHospitality.it

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